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Se pensiamo alla criminalità organizzata di oggi ci viene in mente Gomorra, l’intreccio tra mafie e interessi finanziari, la ‘ndrangheta e le famiglie del sud Italia. Ma non è sempre stato così.

A Milano ci fu un luogo e un tempo in cui i criminali erano dei gentiluomini. Dall’immediato dopoguerra ai primi anni Ottanta, ebbe vita il periodo d’oro della ligéra, termine che significa leggero come i furtarelli destinati ad alleggerire il portafoglio dei malcapitati.

Le bande della ligéra erano gruppetti di malviventi, talvolta piccolo borghesi, che si organizzavano e scioglievano subito dopo la rapine. Gli strumenti del mestiere erano poveri: il seghetto, la lima, il piede di porco. I primi luoghi in cui si riunivano erano nel Giambellino, la casba di via Conca del Naviglio, il quartiere Isola.

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I banditi della ligéra seguivano un codice e cercavano di rispettarlo: mai fare del male a nessuno, andare in guerra contro il padrone, lo sfruttamento e la madama. Anche se, in realtà, c’era un grande rispetto tra ligéra e polizia, perché condividevano lo stesso tessuto sociale e c’era un tacito accordo di non violenza.

La ligéra, in fondo, aveva un allure romantica e, non a caso, fu cantata dalla Vanoni su direzione di Strehler (Ma Mi), da Gaber (La ballata del Cerutti Gino) e da Jannacci (Faceva il palo). La canzone Porta Romana bella suonata da Nanni Svampa fu uno dei pezzi più famosi dedicati alla ligéra. I versi «E sette e sette e sette fanno ventuno / arriva la volante e non c’è nessuno» fanno riferimento alla banda di Ezio Barbieri, boss dell’Isola.

Un altro personaggio leggendario della ligéra fu Luciano Lutring, detto il solista del mitra per l’abitudine di nascondere l’arma nella custodia di un violino. Negli anni Sessanta, Lutring mise a segno circa 500 rapine in negozi e banche, tra Italia e Francia. Alla sua vita fu dedicato il film Lo zingaro con Alain Delon.

Il punto di rottura, che segna la trasformazione da ligéra a malavita organizzata, fu la celebre rapina di via Osoppo del 1958. Il colpo del secolo per la stampa di allora.

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La rapina di Via Osoppo fu organizzata nei minimi dettagli dai sette uomini d’oro capitanati da Ugo Ciappina, ex partigiano gappista. L’obiettivo era un furgone portavalori della Banca Popolare di Milano che venne accerchiato da un camioncino e tre auto, da cui scesero i banditi vestiti da operai e armati di mitra (anche se non partì nessun colpo), inscenando un finto incidente. Erano le 9.30 del 27 febbraio 1958. I rapinatori fuggirono con 614 milioni di lire ma furono arrestati, un mese dopo, quando presi dall’euforia iniziarono a fare la bella vita sperperando i quattrini.

Scrisse Montanelli a riguardo: «Ufficialmente sì, tutti scrivono e proclamano che sono contenti, anzi entusiasti del fatto che i criminali siano stati smascherati in modo tale da togliere a chiunque la voglia d’imitarli. Ma, sotto sotto, senza osare dirlo o dicendolo a bassa voce, la maggioranza tifava per i rapinatori.»

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L’episodio di Via Osoppo rappresentò il culmine e la fine della ligéra. Nel ventennio successivo (1960-1980), una nuova forma criminale prese il sopravvento. I luoghi cambiarono, dal centro ci si spostò nei sobborghi di Affori, Baggio e della Bovisa. Le bande erano strutturate in gruppi omogenei, anche di stampo mafioso, e gli obiettivi diventarono il controllo del gioco d’azzardo, della prostituzione e, più tardi, del traffico di stupefacenti.

Le bische, ovvero i luoghi in cui si giocava d’azzardo, erano però anche luoghi di socializzazione. Si giocava di notte, mentre la pula chiudeva un occhio. Tra ubriaconi, insonni e personaggi borderline, si respirava un po’ l’atmosfera cantata da De André (anche se riferita a Genova) ne La città vecchia: «Se t’inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli/in quell’aria spessa, carica di sale, gonfia di odori/lì troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano/quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.»

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Con l’arrivo in città di criminali del calibro di Epaminonda, il Tebano, Cavallero, Francis Turatello e Renato Vallanzasca ci fu un altro cambiamento: si iniziò a sparare sui nemici, gli odiati sbirri, in uno spericolato far west tutto milanese.

Ma della figura di Vallanzasca – il bel Réné – e della Banda della Comasina ne parleremo meglio prossimamente.

Nel frattempo, vi segnaliamo la mostra Milano e la Mala a Palazzo Morando fino all’11 febbraio.

Credit immagine di copertina

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