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corona

La capacità di Fabrizio Corona di stare lontano dai guai è pari a quella di un albino di stare al sole: male male male. Non fai in tempo a dire «Bon, è fuori» che subito deve rientrare.
E a te, ti vien da dire: «Ma figa, cos’è successo? Ha dimenticato qualcosa?»

La storia di questi giorni è semplice: Corona esce di galera perché gli danno l’affidamento terapeutico per chiudere una volta per tutti con la cocaina.
No, il Corona non è liberolibero, ma va in una clinica di Limbiate a cercare di smettere di pensare alle nevi di Cortina da surfare indoor.

Anche perché la questione è complessa: non si riesce a capire se il Fabrizione dipenda più dalla coca o dal denaro.

(Momento storia: Corona è finito in galera per la questione fotografie&ricatti, da cui è stato un po’ assolto e un po’ condannato; poi ci sono un tot di denunce per truffa, appropriazione indebita, evasione fiscale. Quest’utlima, se non la più clamorosa, la più pittoresca: aveva i soldi nei muri, vi ricordate? E l’hanno beccato per via di un’intercettazione telefonica: gli erano entrati i ladri in casa e lui si era preoccupato che non gli avessero aperto i muri…)

Ce li vedo i giudici, tutti d’accordo: «Corona esci, vai. Disintossicati. Non diciamo di fare il bravo, basta che stai lontano dai giornali e no social. Ok?»

E invece lui esce e tac: una bella paginata di Chi che lo ha beccato mentre è a spasso con la sua bella per Milano. Ma lì, viene da dire, mica è colpa sua. Questa è sfiga! Solo che c’ha la rivista Chi in bella mostra e più che sfiga il dubbio che sia product placement ti viene. Ma l’intervista è alla sua bella, e quindi ci sta.

Solo che poi Corona fa il colpo di teatro: ti posta su Facebook e Instagram prima una foto di lui con una felpa con un marchio nuovo (TAAAC!) e poi pure un video veloce veloce di lui con colonna sonora di Salmo.

Io ci credo che, a questo punto, ai giudici siano girate le balle, però gli hanno mandato solo una diffida. Una roba tipo «Ohè, questa passi. Ma se lo rifai ancora, te lo buco quel cellulare!». La stessa tecnica che usava mia madre con me quando non volevo studiare e volevo andare a giocare a pallone. Solo che io avevo 7 anni. Ma si vede che pure questi giudici sono abituati a trattare con quelli che hanno il ciuffo ribelle un po’ più pronunciato.

Credit immagine di copertina

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