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Food&drink
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Prima dell’avvento dei servizi di food delivery, prima del pranzo ordinato dalla scrivania in office, prima delle serate che non hai un tubo da mangiare a casa e allora cosa fai, ti fai portare un sushi (o ti lasci morire di consunzione davanti a Netflix), c’era – e c’è ancora, sia chiaro! – This Is Not A Sushi Bar.

La catena di sushi delivery che per prima ha portato non solo a Milano, ma in Italia, la consegna a domicilio della cucina giapponese, ha appena inaugurato un quinto shop in Via Raffaello Sanzio, che vede nuove ricette in menù, un nuovo design e l’introduzione del sushi dj in cucina.

No, se state pensando di andare a ballare il venerdì sera da This Is Not A Sushi Bar siete fuori strada. L’architetto Andrea Langhi, su intuizione del fondatore di This is not Matteo Piattarello, ha rivoluzionato gli interni del locale, prevedendo una console ergonomica studiata per i sushi men: un piano di lavoro che si sviluppa attorno ai cuochi e che permette di avere ingredienti e strumenti a portata di mano, semplificando la preparazione e rendendola più veloce per noi famelici clienti. Insomma, né più né meno di quando in office vi tenete tutto a portata di mano, dalla spillatrice alla bottiglietta d’acqua. Chiaro il concept, no?

Chiariamolo subito: le ricette non rispecchiano le aspettative dei puristi del sushi, ma sono frutto di sperimentazioni, contaminazioni e ispirazioni accumulate nel tempo, come l’uramaki Santa Monica, un inno all’avocado californiano; gli uramaki Broadway e Black Rainbow,impreziositi dal sesamo placcato in oro alimentare (ellamadonna); l’Hip Hip Urràmaki, nato per festeggiare i 10 anni di attività racchiudendo in un unico roll i pesci più venduti fino a quel momento; il chirashi sbagliato, rivisitato con l’aggiunta di maionese al riso e al tonno.

Tante proposte anche per chi ha deciso di aderire alla religione vegetariana (come l’uramaki green valley, con pomodori secchi e philadelphia) o vegana (tipo il futomaki vegan, roll ripieno di insalata, avocado e cetriolo), della serie «e vissero tutti sazi e contenti», pure gli amici vegan.

Con l’inaugurazione del nuovo locale nasce anche l’uramaki Raffaello, un roll di riso con alga nori, salmone bagnato nel cognac, scaglie di cioccolato fondente, fragole, avocado, pepite di cioccolato e semi di sesamo dorati. Di sicuro un uramaki non convenzionale, come non convenzionale è l’anima di This Is Not, digital company poi diventata ristorante, che ha visto la luce nel 2007 per mano di tre ex consulenti Imbruttiti. La sua caratteristica principale è sempre stata il delivery, gestito in modo centralizzato da un software sviluppato internamente, introdotto per il sushi a Milano molto prima della comparsa delle delivery app e prima che la consegna a domicilio diventasse un’abitudine. Una garanzia, insomma, che permette a This is not di essere un vero e proprio punto di riferimento per la scena Imbruttita milanese.

L’uramaki Raffaello

E che i milanesi amino questo concept lo dimostrano i numeri e i piani di sviluppo: il 2017 si è chiuso con 1,4 milioni di fatturato e una crescita prevista tra il 15 e il 20% per il 2018, anno in cui verrà aperto un sesto ristorante a Milano, in zona Porta Romana, e un settimo nell’hinterland. Fatturare, fatturare, fatturare.

Ah, ovviamente, per il nuovo ristorante in Via Raffaello non immaginatevi una poracciata stile all you can eat: pochi coperti e clima intimissimo, perfetto per una cena intima e afrodisiaca… magari con lieto fine.

Proprio vero che a Milano, quando si ha una buona idea e la si porta avanti con passione e dedizione, i risultati premiano sempre.

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