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Quando uno passa dalle parti dell’Ippodromo, non può non notare un cavallo gigante che svetta in Piazza dello Sport. Il Giargiana rancido pensa che sia una statua fatta da qualche boss della Malavita che ha fatto i soldi coi cavalli, e invece no.

L’Imbruttito sa che la storia inizia nel 1482: Ludovico il Moro, Imbruttito pure lui anche se vestito da medievale, chiama Leonardo e gli fa: «Per ricordare mio padre, Francesco Sforza, vorrei che mi facessi la statua di un bel cavallo
Qualche giorno dopo, Leonardo si presenta con bozza e preventivo: «Va che bel cavallo con tuo padre a bordo»
«Voglio di più!»
«Eh, al massimo posso arrivare a farlo alto 7 metri!»
«Voglio di più! Lo voglio rampante, che s’impenna e abbatte i nemici!»
Leonardo, da uomo sensibile e amante puro dell’arte, alza il bicchiere per sancire l’accordo e urla: «SHOW ME THE MONEYYY!»

E Ludovico il Moro, che è più Imbruttito di lui, accetta.

Leonardo si mette all’opera, ma presto fa una grandissima scoperta eccezionale: capisce che in Lombardia il vino è molto buono e fa dire delle cazzate anche ai grandi geni. Far stare su due zampe una statua gigante è impossibile.

Così si presenta nel 1491 con un modello di creta più educato, che posa su tre zampe. Le dimensioni sono comunque Imbruttite: 7 metri di altezza per 100 tonnellate di bronzo.

Ludovico accetta, partono i lavori ma… arrivano i Francesi. Occupano il Ducato d’Este, invadono Milano e fine del regno di Ludovico il Moro. Osti.
Leonardo fugge e  fine pure del modello in creta che viene usato come bersaglio per le freccette.

STACCO – 5 secoli dopo, precisamente 1977

Un pilota americano collezionista d’arte, Charles Dent, scopre la storia del cavallo e fa:
«Ma lo faccio io! Che ci vuole? Tempo di metter via due dollari ed è fatta!»
I due dollari sono 2,5 milioni, ci vogliono 15 anni, ma alla fine ce la fa. Attacca a lavorare, ma… nel 94 muore. Osti.

Nelle gallerie non è che iniziano a pensare che il cavallo porti sfiga, però, ogni volta che uno dice la parola cavallo, un barattolo di sale cade su uno specchio che esplode in mille pezzi e ferisce 17 gatti neri che, per il dolore, attraversano tutte le strade di NY.

Ma gli americani non sono superstizioni e Frederik Meijer, proprietario di una catena di supermercati, ha 6 milioni di dollari che gli avanzano e decide di proseguire il progetto. Ma visti i precedenti, non lo fa lui: chiama una scultrice, Nina Akamu.

Fanno una prova di 3 metri, poi ne fanno un altro in argilla di quasi 8 metri con cui fanno i calchi per la fusione in bronzo. E finalmente il Cavallo di Leonardo è realtà!

A questo punto, l’idea che il cavallo porti sfiga non ce l’ha più nessuno. Però, nel dubbio, gli americani lo fanno a pezzi e lo donano alla città di Milano!

Ma quando arriva in comune, con il solito modo entusiasta di far le cose, ci si chiede:
«Figa, ma dove lo mettiamo sto mammozzone?»
«Ci pensiamo noi», dicono gli americani.
«Sì, ma mettetelo in un posto di Milano dove la superstizione non conta…»
E loro, con la stessa conoscenza che hanno della cucina, scelgono il posto ideale in città: davanti all’Ippodromo del galoppo, la Scala dell’Ippica: Piazza dello Sport.

Nel 1999, la scultura arriva a Milano, divisa in 7 parti. Bella è bella e nessuno ormai dice più che porta rogna.

Però, da quel momento, c’è chi ha visto alcuni scommettitori passare di là e mettersi le mani in tasca.

Magari non è che si stanno toccando i maroni, però si dice che le sartorie in zona San Siro si stanno specializzando nella riparazione tasche per pantaloni che subiscono sollecitazioni gratterecce.

Credit immagine di copertina

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