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Se il Milanese Imbruttito vede la Partita IVA come la sua sposa ideale, l’Agenzia delle Entrate è il padre di lei che ti vede come un bestione violento che vuole fare del male sessuale alla figlia.

E se vuoi aprirla, prima devi vedertela con lui. Che si manifesta nella sua forma peggiore, la più sadica, la più violenta: la coda.

A me è toccato lunedì 19 ottobre. Io mi immaginavo che sarebbe andata così: entri, totem con lo schermetto. Prendi il numerino, al tuo turno vai dal Mr Wolf che risolve tutto e vai al lavoro. Fine. E invece no.

Entro in un grande open space. A destra e a sinistra, tantissimi fixer di problemi accolgono un disperato e ne fanno un uomo risolto. Cerco il mio distributore di numeri per fare la coda, ma un signore, sconsolato, scuote la testa: il totem non c’è.
«E quindi?»
Alza appena il braccio sinistro, indicandomi una seconda stanza. Non parla, scuote la testa. Gli chiedo se ci sia qualcosa che non va, lui tace e si chiude in sé. Tra le lacrime.

Mi basta mettere un piede lì dentro per capire. Di totem elettronici nemmeno l’ombra.

Di fronte a me, invece, si staglia il 1989, prima della caduta del Muro: tre sportelli con dentro tre impiegati, protetti da una lastra di vetro, al centro della quale c’è una cerchio che lascia passare la comunicazione. E davanti a ciascuno di loro, una coda.
Quella di sinistra è per l’assistenza privati; quella centrale per l’assistenza Partite Iva; quella di destra la coda dei disperati, o detta anche Che la Madonna ci assista.
Io così:

Una signora di circa 50 anni mi aiuta.
«Partita IVA? Deve mettersi in coda qui, si fidi»
E mi spiega che, facendo questa coda, si ottengono subito le informazioni di cui uno ha bisogno.
«Così si evita di fare code inutili, no?»
Va bene. Mi fa ridere che, per evitare di fare una coda, serva fare un’altra coda, ma eseguo.
Finalmente arriva il mio turno.
«Per fare quello che devo fare, cosa devo fare?», domando citando Totò.
L’impiegato non ride e mi dice che serve un modulo che mi consegna cordialmente.
«Lo compili, poi venga a ridarmelo»
«Mica devo rifare la coda

«Se quelli prima di lei la lasciano passare… Non dipende da me»
E io:

Ma sento un ringhio e dico va bene. Rifaccio la coda, scusate. Dopo 10 minuti sono di nuovo da lui.
«Eh, ma manca la fotocopia della sua Carta d’Identità. Fronte e retro»
Ho uno scatto improvviso alla muscolatura del collo, ma non mi arrendo: «E dove la faccio?»
«Vede quella coda? Comincia da una fotocopiatrice. 10 centesimi e può fare tutto lì»
Nel petto mi urla un drago, ma lo soffoco e vado alla fotocopiatrice.

Dopo 7 minuti, torno nella coda dell’inizio. Mi chiama il mio capo dall’ufficio.
«Cosa cazzo stai facendo?»
«Allora, ho fatto la coda per sapere quale coda dovevo fare per avere il biglietto per evitare code inutili. Ma ho sbagliato una roba, così ho fatto la coda per rifare la coda, ma alla fotocopiatrice c’era coda e…»
«Nella vita ci sono due tipi di persone: chi sa fare le cose e chi non le sa fare. Poi ci sei tu: che comunque le fai, le fai di merda» e butta giù.

Finalmente tocca a me. Ho tutto: documenti, fotocopia carta d’identità, un esaurimento nervoso in arrivo.
Il tizio controlla. I secondi passano lunghi come gli anni che passerò in terapia da uno psicologo. Ma lui annuisce e si alza.
Nascosto tra gli scaffali c’è il totem, che mi si rivela tipo ho visto la luce! dei Blues Brothers.

L’uomo tocca lo schermo, e finalmente ho il mio numerino.
Raggiungo la prima stanza e mi metto in coda con altre persone, con lo stesso atteggiamento pacifico di quelli che vorrebbero essere ovunque, anche dal dentista, piuttosto che lì.
Quando scatta il mio numero, mi alzo. Un uomo mi saluta facendomi segni di vittoria, la signora 50enne sussurra «Vai Free Willy! Sei libero!»
Con il numero in mano mi avvicino. L’impiegato prende tutto, legge, inserisce nel computer. 30 secondi netti ed è tutto finito. Mi viene da piangere. Ce l’ho fatta!

Mi metto in moto e vado verso l’ufficio. Il semaforo è rosso. Le auto rallentano. Coda.
Mi rovescio a terra e piango.

Credit Immagine di Copertina

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