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Al cuor non si comanda, ma al portafogli sì. Lo sanno bene Fendi e Dior, che dopo una lotta all’ultimo milione, si sono portate a casa gli spazi della Galleria Vittorio Emanuele di Milano battendo ogni record possibile in termini di canone d’affitto annuale. Le due armate francesi hanno trionfato su 12 squadroni avversari super griffati durante l’asta di lusso tenutasi negli uffici dell’anagrafe di via Larga, in cui si sarebbero decisi i nuovi inquilini di alcuni dei locali del prestigioso Salotto.

Iniziamo dalla vittoria di Fendi. Si è partiti da una base d’asta – per 2 vetrine e 336 mq – di 872 mila euro. Tra un’offerta e l’altra, si è arrivati a 2.450.000 euro di canone annuo, un valore praticamente triplicato. Fendi non si è lasciata di certo spaventare e dopo 70 minuti e 28 rilanci contro altri cinque grandi marchi, la maison si è aggiudicata gli spazi attualmente occupati da Armani. Non temete, Re Giorgio non rimarrà certo con il culo per terra: traslocherà negli spazi, a oggi, occupati da Tim.

Per il secondo lotto all’incanto – le tre vetrine di Versace – le cifre non sono state da meno, anzi: hanno battuto qualsiasi canone mai pagato all’interno dell’ottagono. Dior infatti, dopo 2 ore di asta con 38 rilanci e griffe avversarie come Hermès, Damiani, Maxima (Max Mara), Prada, Saint Laurent e lo stesso Versace, ha alzato la sua palettina e messo fine ai giochi sborsando la bellezza di 5milioni e 50 mila euro per un anno d’affitto.

Entrambe le concessioni dureranno 18 anni.

Finora lo scettro di canone più alto se l’era portato a casa Moncler con i suoi 2,5 milioni di euro per 700 mq di boutique. La nuova Galleria Vittorio Emanuele II, alla fine dei conti, vestirà tricolore: da una parte, la Francia con Dior e Louis Vuitton, dall’altra l’Italia con Prada e Fendi.

E Versace, in tutto questo? Nei giorni scorsi la casa di moda aveva tentato di mettere uno stop al bando con un ricorso amministrativo, nella speranza che l’amministrazione gli rinnovasse automaticamente l’affitto in forza di una convenzione stipulata con Palazzo Marino nel 2008. Sfortunatamente, il Tar aveva respinto l’azione legale e l’asta all’incanto si è svolta come previsto. La partita però non è ancora finita qui: si continuerà davanti al tribunale amministrativo il prossimo 26 febbraio.

Per un brand che piange, un altro si sfrega le mani. Palazzo Marino è particolarmente soddisfatto dell’esito di quest’asta: il meccanismo si sta rivelando super redditizio per il Comune, come fa notare Roberto Tasca, assessore al Demanio.

Rispetto agli anni precedenti, infatti, il consuntivo del 2019 sottolinea il raggiungimento dei 40 milioni di euro alla voce affitti in Galleria, e questo sembra essere solo l’inizio: nel 2020 andrà all’incanto un’altra ventina di locali. Tra questi anche le vetrine di Church’s, Spagnoli, Chanel e Biffi. Quest’ultimo però la scamperebbe: essendo un marchio storico presente in Galleria da 153 anni, dovrebbe vedersi riassegnati gli spazi.

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