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Restare da soli con noi stessi non è sempre un male. In queste giornate in cui siamo costretti a casa dall’emergenza Coronavirus, perché invece di cazzeggiare al pc e fare videochiamate non ci inventiamo qualcosa di pazzesco o elaboriamo teorie in grado di cambiare il mondo? Che ci vuole, dai. Del resto così è stato per tale Isaac Newton. Forse non tutti sanno, infatti, che il buon Isaac iniziò a elaborare alcune delle sue teorie più famose e rivoluzionarie proprio durante un periodo di quarantena, grande esempio di smart working produttivo.

Nel 1665 in Inghilterra esplose la Grande Peste, che uccise un quinto degli abitanti di Londra, quasi centomila persone. Il bacillo era stato trasportato da una nave che portava cotone da Amsterdam, forse trasmesso dalla puntura di una pulce di un topo. Una cosa molto brutta e molto grave. Anche in quel caso l’opzione più immediata fu quella della quarantena: l’università di Cambridge chiuse i battenti e il giovane Isaac Newton, allora 24enne, decise di tornare nella sua casa natale, a Woolsthorpe. Una quarantena volontaria, quindi, nella pace bucolica della campagna. Il brillante studioso pensò bene di approfittare di questa clausura (e dell’assenza di incombenze universitarie) per dedicarsi, con calma e attenzione, ai suoi studi.

Secondo la leggenda, durante uno di questi pomeriggi di quarantena, mentre passeggiava nel parco della sua villa, Newton vide cadere una mela. Fu proprio questa azione banalissima ad accendere la lampadina del giovane scienziato, che decise così di approfondire con studi ed esperimenti quella che noi oggi conosciamo come la legge di gravità, pilastro della fisica moderna. Sempre in questo periodo di quarantena, lo scienziato si dedicò agli esperimenti in camera oscura che gli permisero di comprendere la natura della luce: analizzando il raggio di luce bianca che attraversa un prisma di vetro, il giovane capì che i colori non sono una qualità propria dei corpi (come si pensava all’epoca) bensì della luce stessa. E visto che forse era troppo annoiato, già che c’era scoprì il calcolo infinitesimale, detto anche calcolo sublime, che gli permise di risolvere problemi che sembravano impossibili.

E noi qui a fare le dirette mentre prepariamo i biscotti al cioccolato.

Articolo scritto da Wendy Migliaccio

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