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L’ennesima stranezza va ad aggiungersi a un periodo di stranezze. Chi ha avuto modo di gironzolare per Milano avrà sicuramente notato un eccesso di bianco: quello che ricopre gli edifici da restaurare, palazzi solitamente ricoperti da gigantesche pubblicità, con i loro colori accesi e le loro frasi a effetto. In tutta Milano, dai Navigli alla Darsena fino a Loreto, il colore bianco e le impalcature nude svelano la fuga degli sponsor, che hanno finito, momentaneamente, di colorare e arricchire la nostra città.

Che si trattasse della pasta, del lancio di una nuova serie tv, di un’offerta delle assicurazioni, del glamour dei brand di alta moda, del volto di un testimonial famoso, nulla è rimasto a coprire la crudezza dei palazzi in costruzione. Una fuga più che comprensibile, sia chiaro. Che senso ha investire del denaro per una pubblicità senza spettatori?

Il colpo d’occhio però fa impressione, e anche un po’ di tenerezza. Milano, con la sua vitalità, le sue vie brandizzate, il suo fermento economico, si è messa in letargo, proprio come noi. Non possiamo che sentirci solidali: nelle nostre case, molto spesso in tuta, senza trucco, i capelli sfatti, la barba incolta, ci siamo privati di quell’appeal non più necessario, di quella cover da mostrare al mondo per affermare la nostra identità. Siamo spogli, proprio come i palazzi in costruzione. In attesa di qualcuno che ci dica finalmente che si può ricominciare.

Articolo scritto da Wendy Migliaccio

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