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Chi lo avrebbe mai detto.

Se 20 anni fa ci avessero detto che ci saremmo ritrovati chiusi in casa paralizzati da un virus avremmo probabilmente fatto spallucce. 

Se ci avessero poi detto che durante la crisi il re indiscusso della seconda serata sarebbe stato Bobo Vieri, saremmo probabilmente caduti dalla sedia. 

Non Enrico Mentana, non Marzullo e non Maurizio Costanzo. Bobo Vieri, Bobo Goal, Tritolone. 

Intendiamoci. Sono nato nel 1990 e per la mia generazione Bobo Vieri è da sempre un’istituzione. Nella mia adolescenza ci sono state pochissime certezze, una di queste era la doppietta di Vieri a San Siro che ha fatto saltare me e il mio papà più di un corso di Zumba. 

Il bomber. Vieri è stato bomber prima che si capisse cosa volesse dire essere bomber. Il primo a fare goal la domenica e il primo a fare serata, o almeno a noi così piaceva credere. Un perfetto connubio tra professionismo e bella vita che a noi, ragazzini dell’hinterland malati di calcio, ha più volte dato l’illusione che si trattasse della vita perfetta. 

Ok, tutto bello. Ma cosa c’entra? Ci arrivo. 

Se è vero che il centravanti della nazionale è stato uno degli eroi dei primi anni 2000, fino a poco tempo fa non si erano rivelate le sue innate doti di mattatore televisivo e social

I più anziani sicuramente ricordano la fantastica imitazione di Fabio De Luigi in cui Vieri, simulando le risposte spesso banali del post partita, si limitava a rispondere Boh a qualsiasi domanda. Ecco, del Vieri calciatore si ricordano più gli scivoloni mediatici che l’innata spontaneità e simpatia.

Poi si invecchia, i goal vengono sostituiti dai chili di troppo, la famiglia, i figli e via, si finisce a fare dirette su Instagram con tutti gli ex compagni di squadra nella speranza di combattere la noia di un’altra serata chiusi in casa. 

Bobo Vieri uno di noi. Ok, voi chiamate Ciccio, Marco e Paola mentre lui chiama Totti, Ronaldo e Cassano, ma non è mica colpa sua se i vostri amici non sanno giocare a calcio. 

Partono così queste telefonate-dirette su Instagram intrise di nostalgia e un filo di tristezza per quel calcio che non c’è più. Un fiume di ricordi che sembra interrompersi solo a tardissima serata quando ci si ricorda di avere dei figli a quali non si potrà dire “torna a dormire, ho fatto la diretta con Pippo Inzaghi”. 

Tra un Antonio Cassano che riferendosi alla moglie la definisce “dura come il marmo di Caracalla (presumibilmente confondendosi con Carrara), passando per Francesco Totti patriarca e quel “le figlie le devono crescere le madri” così al passo coi tempi, fino agli stratagemmi di Pippo Inzaghi per evitare le sostituzioni, le risate sono assicurate. 

Ricordi di partite incredibili come quella contro l’Olanda, quella del famoso “mo je faccio er cucchiaio”, l’europeo perso con la Francia o la coppia Vieri – Ronaldo che doveva dominare il mondo e che purtroppo si è vista solo per una manciata di minuti. Nostalgia canaglia. 

Per carità, nelle dirette di Vieri c’è tanto calcio e non è detto che tutti siate appassionati quanto il sottoscritto. C’è anche tanta, tantissima ignoranza

Quella buona e genuina di un Cassano che ti sbaglia la provenienza del marmo, o quella da brividi lungo la schiena non appena la conversazione verte sul Covid-19, con quei “manco gli esperti ci capiscono più niente” a metà strada tra il terrapiattismo e la tuttologia da bar. 

Sì, tutto vero, ma c’è anche tanta, tantissima Italia

C’è tanta voglia di farsi compagnia con le cazzate dette e fatte con gli amici di sempre, amici che, caso vuole, con le loro gesta sportive hanno tenuto col fiato sospeso milioni di italiani per oltre un decennio. 

Un turbinio di ricordi: i loro che quelle partite le giocavano e i nostri che ai loro goal ci siamo abbracciati in ogni angolo sperduto della Penisola. 

Come dice una canzone dei primi 2000, “grazie dei ricordi” Bobo Vieri. 

Passano gli anni, i chili aumentano, gli occhi si stancano e il Moet è diventato una tisana al finocchio, ma una cosa non cambia: il vizio del goal non sembri averlo perso. 

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