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Ma ndo’ vai se la padella non ce l’hai? Che lo chiamiate paddle (come l’antica pagaia dei marinai britannici che, per primi, nell’Ottocento s’inventarono un passatempo a colpi di pallina e remi) o padel, denominazione riconosciuta anche dal C.O.N.I. che dal 2004  lo annovera tra le sue discipline, questo è lo sport del momento: e gli Imbruttiti, a caccia di tendenze, non sono certo rimasti immuni alla nuova febbre agonistica.

Sì, perché anche se un po’in ritardo rispetto a Roma e Bologna, il padel, come tutto ciò che tocca il suolo lombardo, da quel suolo è trasformato in oro e i numeri dimostrano che, come ha detto qualcuno, se in Italia il padel sta andando come un treno, la Lombardia è diventata in poco tempo la sua locomotiva: i tesserati hanno raggiunto quasi le mille unità, i campi da gioco hanno sfondato quota cento, i circoli sono arrivati a più di cinquanta e i tornei disputati toccano un totale di un centinaio di singole competizioni.

Ma dopo cotanto (e doveroso) sciorinare di dati vi racconto quello che, dopo aver ceduto al richiamo fascinoso della racchetta bucherellata, ho scoperto in prima persona di questo sport. Perché non basta chiedere info in giro – i più ti diranno che è un incrocio tra il tennis e lo squash, mixato col ping pong con le regole dei racchettoni – ma per essere sul pezzo bisogna scendere in campo.

Ed io vi scesi. Eccomi dunque pronta a intraprendere la mia prima lezione e, varcando la soglia di quello che scopro essere uno dei più antichi circoli di tennis meneghini, l’imbruttimento mi assale: non solo sto per provare la figata del momento ma pure accolta da un esclusivo club, sorto sotto la benedizione di Ambrogio, l’orgoglio è alle stelle; tra l’altro, mi accompagna una buona dose di spocchia che mi deriva da un passato – abbastanza remoto – da mancata tennista, che pur avendo appeso le scarpe al chiodo, ha ancora tanta fiducia in un braccio ormai predisposto a impugnare qualsiasi racchetta, tipo cosa vuoi che sia.

Sbagliato! Il tennis e il padel, chiarisce subito il mio istruttore  – che pure lui d’imbruttimento ha tutti i titoli – seppure il secondo derivi dal primo, non hanno poi così tanti aspetti in comune se si parla di regole, movimenti, colpi ed esecuzione. Perciò, per chi pensa di essere un talentuoso erede di Federer e Nadal, i miti a cui ispirarsi dovranno essere rivisti. Per non parlare di quelli che ma è come giocare a racchettoni, lo possono fare tutti, ah bello, frena, non è così! Ci vuole pratica, conoscenza ed esercizio. Non per nulla i racchettoni ancora non sono disciplina riconosciuta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (al massimo da quello dei Giochi Sotto l’Ombrellone).

Vediamo allora un po’ di dati tecnici: la caratteristica del padel court sono le pareti che lo delimitano: 20 m x 10 inseriti in un box trasparente di cristallo sui fondali e di maglia metallica a chiusura di quelle laterali: la pallina può rimbalzare a terra ma anche su queste superfici, per non perdersi nemmeno un attimo di gioco.

Così lo pensò nel 1969 il suo ideatore, il messicano Enrique Corcuera che, volendo costruire un campo da tennis in casa e avendo delle pareti proprio a ridosso dello spazio disponibile per tracciare il campo, concepì l’idea di considerare i muri come parte integrante del campo di gioco stesso. Fu sempre Corcuera a regolamentare il nuovo gioco e a chiamarlo padel.

Le regole? Sono un po’ preoccupata mentre cerco di assorbire come una spugna le spiegazioni del Mister, e immagino la pallina che può rimbalzare un po’ dappertutto. In realtà, una volta che le metti in pratica, niente sbatti: sono semplici e facili da imparare. E poi questo è uno sport sociale, dato che si gioca sempre in 4 e con tutte le combinazioni possibili e immaginabili: coppia mista uomo+donna, ma anche uomo+uomo o donna+donna. E 4 donne o 4 uomini… insomma ci si può sbizzarrire in base alle proprie preferenze.

Bene! Se non vi siete lasciati scoraggiare dall’idea che un po’ di impegno ci vuole per portare a casa qualche risultato, avrete capito che sono tanti i motivi per provare. Il divertimento è assicurato, la popolarità pure e, con la crescita esponenziale degli impianti in città, anche la scelta del campo: dal più defilato per muovere i primi passi a quello più figo in caso di bisogno sfrenato di esibizionismo imbruttito da postare sui social. In quest’ultimo caso una menzione speciale va al City Padel Milano, 4 campi all’ombra delle Tre Torri, a firma nientemeno che di Albertini – Casiraghi –  Lorenzo Alfieri.

Per chi, invece, si pensa già pronto a cimentarsi nell’attività agonistica, consiglio il Padel Club Milano, struttura immersa nel magnifico parco del Circolo Sportivo Aeronautica Militare di Linate, con tanto di Padel Arena per le competizioni e tre campi indoor che prendono il loro nome da tre colpi tipici del padel: Bandeja, Vibora e Chiquita.

E ora che la lezione è finita, e insieme a lei il racconto, è tempo che la teoria lasci il posto alla pratica: volo a cercare 3 volontari disposti a scambiare padellate con questa Serena Williams de’ noantri.

Articolo scritto da Maria Teresa Falqui

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