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L’anno dell’Imbruttito comincia a settembre, non a gennaio. Un must. Al rientro dalle ferie a fine agosto, pancia a terra e fatturare. Fino al raggiungimento dell’obiettivo di budget al trentun dodici. Anzi, un po’ prima, per sbocciare con serenità in qualche chalet di montagna.

Tutto questo mi sembrava all’apparenza confermato anche nel funesto 2020. Mentre in pieno agosto passeggiavo per la città deserta notavo serrande abbassate e parcheggi liberi ovunque. Sui marciapiedi poche anime superstiti. Il distanziamento non era affatto un problema. Business as usual son tutti in ferie, pensavo. Solo qualche migliaio di monopattini lasciati ad cazzum ovunque a indicare le nuove tendenze della mobilità urbana ai tempi del Covid. Però…

Arrivando in centro ho notato che quella folla di turisti stranieri che negli ultimi anni popolava curiosa Piazza Duomo, San Babila, Montenapo ecc. è semplicemente sparita. Svanita. Evaporata. Già, ma se pochi infilano il tacco sugli attributi del toro in Galleria, le balle girano ai gestori degli esercizi commerciali operativi in pieno agosto.

Pure nel mio bar preferito, per statuto aperto 7 su 7, 365 su 365, i sorrisi hanno lasciato spazio ai musi lunghi e ai mugugni, chiaramente percepibili dietro alle mascherine indossate dallo staff. Se prima alle nove del mattino battevano lo scontrino numero duecento, ora forse duecento clienti li vedono in una settimana.

Indispensabile quindi farsi delle domande. Dalle più banali – oh, ma a settembre ci sarà ancora un botto di pigiatasti in smart working? -, sino alle più filosofiche. Milano ha ancora un futuro? Siamo destinati a sprofondare rapidamente nelle sabbie mobili? Le risposte? Non ci sono, brancoliamo nel buio. L’unica cosa certa è che non si tratta di seghe mentali. Siamo sospesi

I cartelloni pubblicitari bianchi a sponsorizzare il nulla. Grattacieli passati dall’essere il cuore pulsante dell’economia dei servizi a vuote cattedrali nello skyline. Giù da basso, al piano strada, un botto di serrande abbassate che, se le osservi bene, difficilmente si rialzeranno a breve causa assenza di clienti. Eventi annullati a raffica. I saloni, dentro o fuori che siano, i concerti e le fiere. Tutto rimandato al 2021. Forse.

Le scuole riapriranno? Sembra di sì. E le Università? Come sarà possibile radunare centinaia di matricole nella stessa aula? Alcuni studenti fuori sede potrebbero cedere alle sirene degli atenei sotto casa. Che senso ha salassarsi con affitti stratosferici per dei monoloculi meneghini in condivisione se poi si rischiano le lezioni online? La fibra ottica ormai esiste anche in Molise.

La pandemia globale ci sta insegnando che fare finta di nulla al grido di non ce n’è coviddì è una strategia perdente. Si rischia, nell’ordine, di beccarsi una prostatite, forse la polmonite e, dulcis in fundo, un nuovo lockdown con crisi economica e bancarotte a nastro. Non proprio il massimo del divertimento e della vita smeralda.

La triste verità è che, ora come ora, non ci possiamo più permettere l’economia dell’assembramento. Quella che, nel nome del fatturato, raccoglieva all’interno della Cerchia dei Bastioni un po’ di tutto, tra fiumi di prosecchino, bella gente, strette di mano e Uè grandissimo.

L’ora di punta, il pellegrinaggio dei pendolari dall’hinterland, lo spostapoveri stracolmo, le classi pollaio, i caotici baretti della pausa pranzo. O ancora i concerti, gli spettacoli, la movida e i buffet dell’apericena. Tutte cose tipiche del mood milanese sì, ma per definizione leggermente incompatibili con i decaloghi anti-pandemia appesi un po’ ovunque. Come grida manzoniane ai tempi dell’app Immuni.

Imbruttiti mettiamoci l’anima in pace, il problema è nostro e soltanto nostro. Nessuno ci tenderà la mano. Per anni Milano si è fregiata di essere la prima della classe, la locomotiva del Paese. Nell’Italia delle migliaia di campanili, qualcuno magari sorriderà guardando alle nostre sventure. D’altronde sui banchi di scuola tutti godono come ricci quando il secchione commette un errore. Tradotto, andrà tutto bene un kaiser. Le beghe ce le dobbiamo risolvere da soli.

La domanda definitiva da porsi è cambiare in tempo zero il nostro stile di vita o continuare ad aspettare che passi la buriana per ricominciare poi tutto come prima e più di prima?

La verità è che Milano non è fatta per il vediamo che succede. Il suo DNA frenetico non può tollerare di rimanere a lungo tra color che son sospesi. Si percepisce un immenso e urgente bisogno di un progetto di ripartenza. Verso quella che i filosofi chiamano una nuova normalità. Un diverso punto di equilibrio.

Nemmeno però si possono ripetere gli errori del recente passato. Sarebbe da pirla. Il ricordo della falsa partenza di fine febbraio – un paio di sere a casa a guardare Netflix, poi martellamento sui social perché #Milanononsiferma e tutti fuori a far aperitivo – è ancora lì a dimostrarcelo. Non basta lucidare la superficie, ma occorre piuttosto andare in profondità. Incidendo profondamente sul tessuto metropolitano.

Pensandoci bene la soluzione potrebbe essere in teoria più semplice del previsto. Basterebbe fare quello che si è sempre detto, ma che non si è mai fatto. Se il problema sono gli assembramenti in centro, allora ci sono le periferie da valorizzare. Tanti spazi dismessi che possono essere riqualificati. Negozi di vicinato, piste ciclabili, mobilità green e misure per decongestionare il traffico e migliorare la qualità dell’aria. Per ora al servizio del distanziamento sociale, ma nell’ottica di investimento per il futuro. Una volta che saremo vaccinati contro il nuovo Coronavirus, potremo abbracciarci tutti in una città con un modello di sviluppo più sostenibile. Magari finanziato con i fondi europei. TAAC! Non male il progettino, vero?

Cari Imbruttiti, in realtà l’abbiamo buttata lì perché pure noi non sappiamo come evolverà la faccenda. Non abbiamo le competenze per candidarci alle elezioni o per realizzare alcunché. Siamo solo dei giullari metropolitani che vorrebbero continuare a strapparvi un sorriso ogni giorno. Compito molto difficile in questo periodo di grande incertezza per tutti e sbatti infiniti.

Lassa pur ch’el mond el disa, ma Milan l’è on gran Milan

Credit Immagine di Copertina: Skyline Milano 2013 ©Elena Veniani 

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