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Food&drink
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È un tema interessante e che può suscitare posizioni differenti questo che arriva dritto dritto dall’Inghilterra.

È giusto alleviare la sofferenza delle aragoste al momento della loro …ehm, soppressione?  Bè, già questo termine dovrebbe far riflettere. E poi, a nostro parere, per dibatterne, gli spunti sono molteplici sia che siate animalisti convinti o che l’attivismo non vi accarezzi, che siate vegetariani, vegani, pescetariani, semplici buone forchette o appassionati pet addicted. Noi ve ne lanciamo qualcuno, prendendo le mosse da questa proposta diffusa dai veterinari d’Oltremanica.

Come forse molti di voi già sapranno, la procedura per far passare a miglior vita i poveri e prelibati crostacei, prima di passarli a vera e propria cottura, consiste nell’immergerli in acqua bollente, operazione che, per chi ha avuto la disgrazia di assistervi, provocherebbe interminabili e strazianti lamenti da parte dell’animale – proprio così sostiene Locatelli. E che si tratti di cucine pluristellate o casalinghe nulla cambia: quelli soffrono uguale. L’associazione dei veterinari inglesi, per ovviare a questa tortura, ha suggerito di utilizzare metodi sicuri per stordire gli animali. Un esempio? Una piccola scarica elettrica, quasi impercettibile, prima di ucciderli. Ecco, già questo può generare un facile interrogativo: è forse più piacevole farsi scaricare addosso alcune migliaia di volt o finire nel pentolone d’acqua a 100 gradi? Tanto più che, affermano gli scienziati britannici, “questi animali sentono effettivamente il dolore. Lo prova il fatto che se ricevono una scarica elettrica scappano e abbandonano anche la loro tana”. Ecco, quindi anche questa scarichetta non deve essere troppo simpatica. Sta di fatto che l’associazione, persuasa da tale espediente, ha addirittura chiesto che queste regole vengano adottate ufficialmente nelle normative sul benessere animale, con buona pace, questo è da vedere, degli animalisti che si battono da tempo per le aragoste e per gli altri crostacei.

Alcune tecniche anestetiche sono già state sperimentate da rinomati chef di ristoranti inglesi, tra questi anche l’italiano Giorgio Locatelli, 1 stella Michelin per la sua omonima Locanda  situata in zona Marylebone a Londra. Una fra tutte, che è doveroso menzionare, non foss’altro per il  suo appellativo che ci scaraventa subito in un romanzo della Rowling, è il Crustastun, ideato in collaborazione con l’Università di Bristol. Trattasi di apparecchio grande come una valigetta, riempito di acqua salata e con una griglia su cui viene posizionato l’animale che, una volta chiuso dentro, viene rintontito in circa un minuto. Una volta gettata nella pentola bollente l’aragosta non ha più la sensibilità e, in teoria, non dovrebbe soffrire. In teoria insomma, C’è da chiedersi se, nella pratica, succeda la medesima cosa.

Non tutti gli chef, infatti, sono della stessa opinione: accanto a quelli che, come il francese Raymond Blanc ritengono che “il nuovo sistema Crustastun sia un importante passo avanti dal punto di vista etico”, ma anche che “migliora pure la texture e il sapore” (ah, ecco), ce ne sono altri che preferiscono eliminare le aragoste dai loro menù.

La discussione è dunque aperta: anestesia sì o anestesia no? È solo una scappatoia un po’ ipocrita per scaricare la coscienza dei ristoratori di lusso o è comunque un buon compromesso per non rinunciare alle carni tenere e bianche del vermiglio crostaceo? È giusto che anche in cucina la natura faccia il suo corso, o si dovrebbero rivedere in chiave morale le regole delle tante altre forme di uccisione degli animali destinati all’alimentazione umana? O ancora, i carnivori dovrebbero avere coscienza di questo passaggio della catena alimentare oppure è solo una forma di perbenismo mistificata e chi accetta di mangiare – e in questo caso cucinare – la carne dovrebbe farlo in maniera naturalmente avulsa dagli aspetti morali?

Questa valigetta di Howgarts rappresenta davvero una scelta etica o è soltanto una babbanata?

Articolo scritto da MariaTeresa Falqui

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