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Ce l’ho fatta! Ho donato il sangue per la prima volta nella vita. Ok, cari amici Imbruttiti, lo ammetto: la vastità del cazzocene che deriva da questa mia affermazione raggiunge livelli siderali.

Vi capisco. D’altronde ogni giorno migliaia di persone in Italia donano. Milioni di sacche di sangue circolano in tutto il mondo. Allora perché scrivere un pezzo per raccontare la cronaca di un gesto normalissimo?

In realtà di sangue c’è continuamente bisogno. Le trasfusioni salvano quotidianamente molte vite umane: molti aspiranti donatori questa cosa la intuiscono, vorrebbero fare del bene al prossimo, ma poi o lo sbatti di informarsi o la fifa fanno desistere in partenza. Ecco, forse questo racconto aiuterà qualcuno a superare questi ostacoli. D’altronde se ce l’ho fatta io che mi ritengo, modestia a parte, il gran visir dei cagasotto

Confesso. Ho una paura matta di qualsiasi cosa riguardi sangue, aghi, siringhe, flebo ecc.. Non so il perché. O forse sì. La colpa è di qualche Pubblicità Progresso degli Anni Ottanta contro la droga. Nello spot chi si iniettava la roba in vena diventava una sorta di zombie. E io non volevo diventare un bambino zombie. Così ogni volta che dovevo fare un banalissimo prelievo ero preso male. Impallidivo appena vedevo l’ago. Gli infermieri già al primo sguardo capivano e mi facevano sdraiare. Così almeno non ci svieni qui…

Quel mood è proseguito anche in età adulta. Mi sono reso ridicolo nei centri prelievi di mezza Italia. Immaginatevi un omone alto 184 cm che chiede di essere sdraiato sul lettino anche solo per una minuscola provetta. Ecco, questo sono io. Grande grosso e pirla!

Poi durante il lockdown è scattata la scintilla: ogni giorno ascoltavo le conferenze stampa della Protezione Civile. C’è il delirio, la pandemia, ma vi raccomandiamo di non smettete di donare il sangue, dicevano. Ok, è una cosa che serve. Devo convincermi a farlo, ripetevo tra me e me.

Così, complice qualche replica di Esplorando il Corpo Umano su Netflix, ho deciso di passare all’azione. Canticchiando siamo fatti così con la base di Cristina D’Avena ho raccolto informazioni alla sede dell’associazione dei donatori (AVIS) più vicina a casa mia. Tutti molto gentili. Ok, va bene ci provo.

Il primo step è stato ottenere l’idoneità. Una serie infinita di domande su salute, abitudini, eventuali comportamenti a rischio ecc. Elettrocardiogramma ed esami del sangue. Ovviamente da sdraiato, con qualche sguardo tra il dubbioso e il divertito dell’operatrice circa le mie aspirazioni. Guarda che quando doni te ne togliamo mezzo chilo. Risata, ma tutto ok. Ho pure scroccato la colazione subito dopo.

Quando però arrivano gli esiti e sei idoneo non si scherza più. Ti tocca. Prenoto e mi reco al centro donazioni dopo dieci giorni di detox. Perché da buon Imbruttito voglio dare il sangue top di gamma.

Quando dalla teoria si passa alla pratica i fantasmi del passato aleggiano minacciosi sui buoni propositi. La prima tappa al pungidito è già tragicomica. In pratica ti fanno un buchino sull’indice per fare un test rapido dell’emoglobina. Già lì mi becco un commento sarcastico. Se per non vedere una goccia di sangue ti giri a fissare il muro, sei sicuro di essere nel posto giusto?

Già, forse devo andarmene. Forse sarei il primo aspirante donatore della storia a scappare dopo il pungidito! Però i volontari mi consolano regalandomi la spilla ufficiale della prima donazione. Un rito di iniziazione. Sono ufficialmente dei loro. Alla fine raccolgo tutto il mio (poco) coraggio e resto. Ho il numero 8. Tocca a me.

Che braccio? Facciamo il sinistro, rispondo spavaldo. La poltrona è in posizione eretta, ma intanto non ho più paura, cerco di convincermi. Ovviamente mi giro dall’altra parte quando infilano l’ago. Devo giocherellare con una pallina antistress che facilita il riempimento della sacca. Mi chiedono spesso come va. Sembra bene. Quando mi sto quasi rilassando inizia ad annebbiarsi la vista e il sudore mi bagna il volto. Se ne accorgono in tempo zero e da seduto passo a sdraiato, come per magia.

Ok, rinsavisco pian piano. Mi portano pure una bottiglietta d’acqua. Bevi che starai meglio. Provano a rialzare la poltrona. Mentre parlano di una ragazza che hanno dovuto fare stendere a terra in corridoio ovviamente mi prende un altro mezzo svenimento. Si torna giù, ma riesco a fare da solo. Allora, forse perché sono un primino e vado coccolato, mi viene portato un succo gusto ACE accompagnato da un sorriso. Bevilo, stai qui tranquillo un po’. Nel mentre i numeri scorrono 14, 15, 16.

Proprio lui, il numero 16, fa il ganassa. Dice di aver donato in cinque minuti e undici secondi netti. Record personale! Appena gli staccano l’ago se ne va gongolando. Ha fatto il risultato. 19,20, 21.

Ecco, io ho finito il succo ACE più buono della mia vita. Ho il numero 8, ma esco dalla sala dopo il numero 25. Mi fiondo in sala colazioni. Ho lo sbrano. Panino, brioche, altro succo…

Esco tirandomela non poco con la mia spilla da primino appuntata al petto come una medaglia al valore. Alla fine ho sconfitto le mie paure facendomi del bene. Il sangue dei donatori è iper controllato e se vedono qualche problema te lo dicono in modo che tu possa approfondire. In più, qualche globulo rosso in meno, per chi ne ha tanti, è un toccasana. Last but not least, ho contribuito al benessere di chi riceverà il mio sangue. Un buon deal, no?

Cosa voglio di più? Tornare a fatturare. No vabbè, oggi il riposo me lo merito tutto. Già pensando alla prossima donazione!

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